Friday, April 27, 2007

Il ghigno

Gli antichi credevano che l’ uomo pensasse con il cuore o con il fegato…

Visnja aveva abbastanza coraggio nell’ affrontare la guerra e anche la disoccupazione, eppure non aveva alcuna fiducia nell’amore.
Di certo ne era rimasto segnato da piccolo, quando sopra la sua testa, invece delle pallottole, volavano i piatti di sua madre. Povera donna, era piuttosto instabile, e non perdonava le costanti scappatelle di suo marito. Lui, d’altro canto non si curava molto di nasconderle.
Spesso rincasava ubriaco e con vistose tracce di rossetto, annoiato come era dalla vita familiare.
- Le donne sono come le scarpe – usava definire, quando di buon umore quell’uomo viscido e ignorante, che Visnja dubitava fosse davvero suo padre.

- Non ho i suoi occhi, nemmeno quel terribile ghigno di malvagità che lo distingue – si rassicurava, eppure la preoccupazione di assomigliargli un giorno lo rendeva nervoso e melanconico.

- Se soltanto nascessimo in grado di badare a noi stessi, come gli animali – sospirava, steso su un prato di erba soffice, che riusciva per un attimo a rendergli possibili anche gli sviluppi più inverosimili.

Sua madre andava peggiorando, e in lui insieme ai primi baffi e curiosi peli sul viso, nasceva l’idea di un omicidio.
Nessun peso di coscienza, per un maiale simile, avrebbe avuto. Quello che continuava ad ostacolarlo nel passare alla pratica, era l’angoscia di essere preso, di finire in una gatta buia.
Altro che facili moralismi e senso etico!
L’unica cosa che voleva tenere salva era il suo sedere, ma anche la testa e il fegato, a prescindere da cosa poi il mondo poteva pensare, l’unica opinione che davvero contasse era la sua.
E chiaramente, non poteva permettersi di sbagliare!
Questo avrebbe dato l’ultimo colpo ai nervi ormai sfiniti di quella povera donna di sua madre.
Non avrebbe retto la vergogna.
Eppure, se soltanto progettava bene il tutto, avrebbe potuto salvarli entrambi.
Alcune persone non meritavano di vivere, in quanto con i loro comportamenti egoistici distruggevano le vite altrui.
Aveva il coraggio di farlo e la necessità di cavarsela.
Niente sangue o cose simili, qualcosa di atroce e doloroso, ma soprattutto silenzioso.
Ed ecco che davanti ai suoi occhi balenò l’idea perfetta: Un veleno!
A scuola da un po’ brillava nella chimica, e sapeva mescolare certe sostanze con disinvoltura necessaria.
La professoressa impazziva per lui e di certo non si sarebbe mai aspettata che dietro quel sorriso così dolce, potesse celarsi la faccia di un assassino.
Assassino- che parola antica, ormai la definizione giusta sarebbe dovuta essere liberatore!- pensava Visnja, mentre con le mani esperte mescolava sostanze necessarie per un intruglio idoneo al suo scopo nobile.
- Liberare il mondo da quel maiale è un gesto coraggioso ed è per mia madre indispensabile!- si diceva quando le mani all’ improvviso iniziavano a tremargli e il sudore sgocciolava inquietante e traditore.
- Visnja cosa stai preparando di bello oggi ? . chiedeva quella donna impicciona che si divertiva a insegnare, malgrado la sua età fosse già da un pezzo, quella della pensione.
- Ah, un esempio di cura contro le vesciche. Mio cugino ne ha una e mi ha chiesto di aiutarlo. – rispose lui senza battere ciglio.
Non era un assassino, era soltanto il presunto figlio di un uomo inutile. E se qualche bugia era necessaria, nessun moralista avrebbe potuto convertirlo nel cittadino modello.
Ora che il miscuglio era pronto avrebbe dovuto trovare un momento adatto per somministrarglielo.
Non era facile, perché si parlavano poco e interagivano ancora meno.
Tuttavia avrebbe potuto accompagnarlo in una di quelle furibonde verso i bar.
Avrebbe si, potuto in qualche modo ordinare da bere e incentivarlo a ubriacarsi, anche se lo sapeva già che non sarebbe stato necessario.
Non era come chiedergli dei soldi, non aveva bisogno di essere pregato per ubriacarsi, lo faceva di sua spontanea volontà.
Ora, il piano per funzionare, doveva essere curato nei minimi dettagli.
E la cosa più difficile era mostrare la buona volontà nei confronti di quell’ essere. Manco si parlavano, farsi invitare da lui fuori pareva impossibile.
Visnja decise di rincasare con delle bottiglie. Così forse quel maledetto avrebbe mostrato una minima curiosità nei suoi confronti.
- Cosa ci fai con la roba da uomini, moccioso? – grugni suo padre visibilmente incuriosito.
- Voglio, appunto, diventarne uno.
- Ah, quando perdi tutte le speranze ecco che la gente ti sorprende. Bene, bene, in questo potrò darti una mano.
- Si? Magari una di queste sere mi porti con te fuori. Così prendo dimestichezza con i drink.
- In questo non c’è uomo migliore su tutto il pianeta come maestro.
- Già, sono fortunato, so bene che ti stimano tutti giù nel paese.
- Parli bene, può darsi che questa storia ti renda migliore. Infondo sei sangue del mio sangue.
A quelle parole Visnja decise che non avrebbe aspettato molto, per effettuare il suo piano. Ed è per questo che gli offrì una delle due bottiglie. Questo bastò come segno dell’ amicizia.
Sua madre non capiva come era possibile vederli parlare e uscire insieme come vecchi amici, ma decise di non immischiarsi, la cosa importante era che entrambi erano presenti. La cosa importante era che lei aveva un marito e un figlio e che loro, malgrado tutto erano una famiglia.
La sera dopo il padre rientrò prima del solito e gli chiese se era pronto per la serata.
- Certo, mi sento già un miscuglio che scalda dentro- rispose lui ridendo
Mentre rideva lo specchio gli svelo la crudele realtà : Il ghigno era lì e rideva di lui! Di loro!
Non avrebbe mai potuto sfuggirgli, nemmeno con il cadavere ormai gelido, seppellito mille miglia sotto terra. Mai avrebbe potuto sottrarsi al destino.
Ed è per questo che ora nella trincea, Visnja sente che il fegato non è come il cuore. E sa che anche senza il cuore può pensare. L’unica cosa che non potrà mai fare sarà l’amare.
Tuttavia che importanza potrà mai avere, ora che ha suo padre per amico, può sopravvivere a ogni cosa.

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