Monday, July 31, 2006

Parigi & Tamigi

Parigi aveva uno strano modo di amare, voleva cose concrete, ma non era capace di darle.
Non più, da quando aveva appeso al muro il cuore, quella notte in cui nulla pugnalava più forte dell'amore.
Quando ti addormenti e risvegli piangendo, la prospettiva cambia.
Diventa come dire: Bagnata!
Parigi parlava diverse lingue, ma spesso non era chiara in nessuna.
Preferiva i colori ai numeri, le metafore alla grammatica.
Spesso confondeva le emozioni, ma era tanto passionale, per gli stimoli di tutti i generi.
La scrittura, e quelle poche donne della storia, la cui gloria tardi arrivò,
la resero libera di essere quello che non sapeva descrivere.
Lo era, comunque, anche fuori dalla sua stanza.
Tuttavia non considerava l’uomo inutile come la bicicletta per il pesce,
soltanto che nella doccia preferiva trovarsi una donna.
Per questo in pieno si ritrovava a vivere, gli struggimenti di ogni essere che elevato a se stesso era comunque lo stesso.
Le esperienze le hanno insegnato che piove sempre sul bagnato.
Che i soldi fanno i soldi e le bionde non sono per niente stupide.
E che quando si trovano le risposte le domande cambiano.
I gusti, quelli no, non cambiano, solo che si spostano.
Così ora lei non era certa, come una volta, se preferire il silenzio alle parole, se preferire l'agriturismo alla posizione manageriale nel centro della metropoli.
Se preferire le more con gli occhi azzurri o le azzurre con gli occhi scuri,
cosa al quanto strana e biasimata dal L world, di cui tutte le sue amiche
e nemiche seguivano i consigli.
Sapeva che in ogni caso, amava scrivere, ed era tutto quello che non voleva lasciar perdere. Spesso l’amicizia e una bottiglia di vino portavano al sesso e alle complicazioni.
Con le dovute spiegazioni e i violenti attacchi delle ragazzine che dopo un bacio volevano già i diritti d'autore per un'illusione che iniziava, o finiva con il “forever” o per sempre.
….quel suono che tendeva all' infinito … proprio in tutte le lingue del mondo..
Parigi era disgustata dallo spessore sottile delle “star” di turno, che inventavano storie terribili sul suo conto, dopo che lei si rifiutava di innamorarsi di loro (come se potesse scegliere), ma sapeva che era colpa della nicotina e dei colori nocivi delle loro permanenti.
Per non parlare di tutti quei buchi,(oltre al Black Hole) chiamati “piercing”,
da qui di certo scappavano i neuroni spaventati.
Naturalmente si riguardava di mostrare il fastidio, anche se la rattristava
sentire le fiabe inventate sul suo conto.
Lecca papere sapevano essere così cattive!
Ma non era niente in confronto alla strana sensazione di non saper più amare.
"Se solo riuscissi a riconoscere il sapore di tutte quelle ore di sudore che portavano il domani ad una colazione d'amore"…- pensava così spesso che le sembrava lontana ogni guarigione.
E poi non sempre riconosceva il suo stato come una malattia.
A volte, per qualche strano motivo ne era fiera.
Fiera di non sentire, di non aver più voglia di capire e tanto meno provare a cercare quell'Amore che un giorno sarebbe finito, e ferito, ogni vaso sanguigno che pompava e trasportava la vita al cervello e al cuore.
Parigi camminava fissando gli occhi della gente e spesso non sembrava
che le importasse nulla di niente.
Era assente, soprattutto, quando era in mezzo alla folla.
Andava a periodi, si rallegrava come un bimbo per delle piccole cose
e cadeva a pezzi per le stesse minuscole cose.
Come, ad esempio, la vista di un gatto in ricerca delle coccole, sotto i bastioni del Castello.
Oppure il ricordo delle brioche calde di mattino, anniversari di qualcuno che per un po' era qualcosa per lei, anche se magari non si ricordava più che cosa.
I compleanni delle donne che l'hanno tradita e delusa e che forse ha tradito e deluso.
I suoi amici erano un rifugio solido come il polo nord, ma allo stesso tempo instabile, e così fragile.
Era sì fiera di loro e gli voleva un gran bene, ma sapeva in fondo, sapeva che erano un cliché. Proprio loro che di esso si ritenevano più lontani.
Avrebbe potuto capire il perché i gay hanno un' attitudine più spiccata al dolore,
guardando se stessa e tutte quelle persone.
Anche se era piuttosto miope non le risultava affatto difficile.
...Esigenze… assenze... o forse instabilità emotiva - pensava e poi lasciava perdere.
Se la filosofia trova nella matematica, un' amante simpatica,
per lei la teoria non valeva quanto la pratica.
E tutto sommato calcolare non le era mai piaciuto quanto parlare.
Soprattutto parlare con gli sconosciuti, diversi e intensi dialoghi
che rimettevano in sesto la bussola.
Ed è con la bussola che lei vagava tra le città e le finestre di ieri, oggi e domani.
Così spesso lo faceva che non riusciva più a dire con precisione, quando è successo cosa. Ricordava con chiarezza tanti eventi e molte avventure, ma non sapeva collocarle nella graduatoria immaginaria di qualcuno che inventò il primo numero, la prima ora e il primo anno.
E poi riteneva da sempre che l'orologio non calcolava il tempo, che di esso se ne fregava. Sosteneva soltanto un ritmo costante al giorno e alla notte di ogni nuovo sorgere del mattino.
I suoi amici invece non portavano gli orologi, e pure datavano con precisione ogni cosa.
Tuttavia spesso, in seguito alle sbornie simulate, alquanto esagerate, improvvisavano
perdite di memoria.
Quando di buon umore li perdeva tutti, erano perennemente depressi.
E con il sole il polo nord si scioglieva. Si consolavano a vicenda.
Da vedere erano duri e intoccabili, ma sotto la corazza così fragili.
Molto agili a confondere con gesti e parole, ogni nuova vittima, o soltanto un'anima
votata al sacrificio.
Quante cose intense sapeva raccontare e ricordare Parigi, quando parlava di anni passati
e della sua voglia di cambiare…
Ma queste cose come le rose appassivano, senza l'acqua e la linfa vitale necessaria,
quando lei perdeva la voglia di sentirsi, di riconoscersi cambiata rispetto a dieci anni fa.
>>C'è stata una ridicola ricaduta per la morte di un sentimento.
Qualcuno era ucciso. Ma i sopravvissuti avevano forse fatto la fine peggiore.
Non sempre sapevano quando e cosa fosse successo. <<
-Quando si ama qualcuno ci si può davvero accorgere quando l'amore muore?- si chiedeva mordendo un McDeluxe
(famoso stimolatore dei pensieri, usato da Socrate e Platone sia a cena che per la colazione) , passeggiando in mezzo a mille etnie di piazza Duomo.
Parigi spesso evacuava l'anima, che non pagava mai l'affitto, ma sapeva incantare facilmente.
Dannato è il corpo che si è visto da fuori un'infinità di volte senza riconoscersi.
Eppure c'era qualcosa di magico e affascinante nel non poter stare tranquilli,
felici e coccolati dal quotidiano.
Forse era colpa del mito di James Dean! Binomio perfetto di bello e maledetto!
Quel quid strano, si prendeva gioco di lei, e le faceva interrompere ogni relazione che contasse di più, più di un po' di sudore e delle ore annegate nel suo bicchiere.
Ogni settimana era una rivoluzione.
Soprattutto quando ai problemi non si trovava una soluzione.
E così Parigi decise di cambiare stato e iniziare da capo.
Nella valigia mise soltanto la sua voglia di scoprire il mondo,
fuori del contorno del sogno e il desiderio gigante di risolvere alcune cose, di venirne a capo.
Ma non ha mai saputo a capo di che cosa. Sapeva che voleva essere felice!
Le poesie che scriveva avevano una propria voce, gli veniva dolce ogni cosa amara.
E si nutrivano soprattutto di idee.
Per questo crescevano, anche quando si scordava di dargli da mangiare.
Erano pezzi di un mosaico, una serratura dalla cui sbirciare
per ritrovare tutte le emozioni e i colori, dall'infanzia al crescere, attraverso i sorrisi e le lacrime.
Tamigi invece le era simile, e forse per questo così tanto diversa.
Come le lingue che si assomigliano e i suoni delle parole identici con significati opposti.
Oppure le cose che si imparano in un modo, ed è più difficile correggerle secondo
le volontà di qualcun altro. Si sono conosciute per caso.
Entrambe attratte come le farfalle dal fiore, dall'odore e dallo sguardo una dell'altra.
Era capitato durante una sera d'estate inoltrata, in una festa di compleanno di un amico,
di un'amica in comune dove annoiate sfuggivano complimenti poco originali di qualcuno che cercava invano di sedurle.
Ed è nato così l'amore, che nessuna delle due sapeva ancora riconoscere,
ma non lo hanno potuto uccidere.
Così qualcosa negli occhi di Tamigi ricordava il tramonto a Parigi,
e lei invece, negli occhi di Parigi trovava il mare e la voglia di nuotare.
Avevano lo stesso sguardo curioso, quando fissavano le labbra una dell'altra.
Parlavano spesso di relazioni, di emozioni provate, che solo adesso che si sono
incontrate apparivano chiare e limpide nel bene e nel male.
Passeggiavano tre metri dal suolo della terra e ogni cosa gli appariva più bella se solo si pensavano e quando si incontravano sentivano le muse comporre sonetti di sublime impatto.
E allora per la prima volta entrambe non provarono la voglia di scappare.
Iniziarono a frequentarsi, senza regole né impostazioni.
Lo facevano così bene, probabilmente, perché era l'opposto di quello che volevano.
Si bloccavano, sforzavano di non chiamare e cercare l'un l'altra per mesi, anche se costava ad entrambe un'infinita forza di volontà per impedirselo.
E poi l'amore esplose e un giorno, dopo una battuta espressa da qualcuno sulla loro relazione, entrambe divennero serie.
Serie come i pesci pagliaccio (Nemo), quando si accorgono della presenza dei pescatori.
I loro sguardi si accarezzarono, le labbra salutarono e i desideri bruciarono.
Le fiamme furono così alte che presto divorarono ogni imposizione.
Erano consce di aver tentato di anestetizzare l'amore.
Ed ancora più certe del suo immenso potere, la capacità innata di distruggere,
di guarire, di finire, di nascere e morire come e quando meglio gli piace e pare.
Quella sera stessa mentre si sorreggevano per non cadere,
dopo litri di brindisi colorati e dopo aver salutato gli amici si ritrovarono a casa di Parigi.
Era a pochi passi da lì.
I navigli sapevano di profumi vari dei venditori ambulanti, e mentre camminavano le stelle brillavano (anche a Milano).
La notte stava risvegliando il sole.
L luna sbadigliava pigramente, mentre una stella annoiata la tirava per le gambe,
cercando di fare “bungee jumping”, le avvolgeva la corda sulle dita dei piedi.
Proprio in quell'attimo i loro cuori tremarono, le labbra si unirono.
Nacque la voglia di mescolarsi, di mangiarsi e assaporarsi.
Irrefrenabile, maleducata ed istintiva!
Intensa come lo può essere la fame se non si mangia da giorni.
La cosa ancora più sorprendente era l'intesa (non la banca).
Sembrava lo facessero da sempre.
La stanza di Parigi aveva le mura disegnate con tanto di versi da lei scritti.
E oltre all'armadio che occupava un'intera parete la stanza conteneva un letto.
Enorme. Parigi si mise a fissarlo senza parole. Moriva dalla voglia di sentirla dentro.
Sentiva ogni centimetro di pelle invocare il nome di Tamigi, e uno strano solletico allo stomaco. Tamigi prese il suo viso tra le mani e la baciò dolcemente per poi girarla
e farla stendere su un fianco.
La sua bocca e le dita e tutto il suo corpo scivolavano sopra e sotto Parigi,
mentre lei gli mordeva ora i capezzoli, ora i seni e ora le cosce.
In un ritmo imprevedibile, che mescolava in sè tutte le tonalità di ogni musica che si rispetti,
i loro colpi danzavano.
Qualcuno cantava: Molti mari e fiumi Attraverserò dentro la tua terra mi ritroverai turbini e tempeste io cavalcherò volerò tra i fulmini per averti Meravigliosa creatura sei sola al mondo meravigliosa paura d'averti accanto occhi di sole mi bruciano in mezzo al cuore …(Nannini)
Le mani tracciavano l'orgasmo da mezz'ora sul volto di Parigi, e poi venne in fiumi di piacere. Tamigi sentendola venire esplose a sua volta. E poi la baciò.
"E' la cosa più dolce e più buona che mi hanno mai offerto da bere"- rise Tamigi mentre la stringeva tra le mani.
Parigi si rese conto che non si sbagliava.
Dopo quella notte sapeva che l'amava.
Avrebbe potuto farci la colazione all'istante, ma separarsi dalle mani di Tamigi le veniva difficile. E il domani l'avrebbero aspettato insieme.
Sia quella sera che tante a divenire.
...E vissero contente e felici per sempre.
** Bungee jumping - è un'attività sportiva che consiste nel lanciarsi da un luogo elevato (per esempio un ponte) dopo essere stati imbragati con una corda elastica. Un'estremità della corda è fissata al corpo della persona che si lancia
(in genere alle caviglie) e l'altra al punto da cui avviene il lancio.
( vi ho fregate : questo racconto finisce bene! Gianni sono ottimista, ma detesto cmq le donne che ridono sempre!)

4 comments:

Anonymous said...

meraviglioso

Anonymous said...

come ben saprai è il mio preferito .... trovo che sia bello e delicato come te!!!
un bacio

Anonymous said...

ah l'anonimo sono io, il tuo orsetto preferito ;-)
kiss

dARIA said...

kiss you .. a rapporto .. orsetto